Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
— 27 — |
IV.
Tra i pochi che venivano alla villa Moser c’era per me una sola persona nuova; l’ingegnere che Claudio aveva assunto a dirigergli la fabbrica di laterizi. La fornace che era stata principio alla fortuna di Moser e che aveva dato aumento al lavoro degli operai in Valdigorgo, era divenuta una delle più rinomate nell’Italia settentrionale; a vigilarne l’andamento non bastò più la sola attività di Claudio da quand’egli si fu addossato altre imprese.
E soli assidui alla villa, per lo più di sera, erano i Fulgosi, i Learchi e le Melvi: pochi, perchè Moser pretendeva libertà e pace almeno in casa sua, nell’asilo del suo riposo, sebbene anche qui piuttosto che riposare egli svariasse la sua alacrità.
Profittando della distanza dal paese (la villa era a monte e il paese tre chilometri a valle), Eugenia sapeva accontentare il marito conservando buone relazioni con le famiglie paesane più notevoli senza che queste potessero, come forse desideravano, turbar la pace di lassù. Non la turbavano essi, i villeggianti prossimi e vecchi d’amicizia e di consuetudine. Ma nell’infermità dei miei tristissimi giorni come, eran noiosi, insoffribili per me anche quei pochi e vecchi conoscenti!
Primo, il cavaliere Fulgosi. Un uomo invidiabile; uno di coloro a cui il mondo serve di sfondo e cornice por la loro figura, per la loro ap-