Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
— 280 — |
mi dicevo — ; la convincerà a non far sciocchezze a non trattarmi indegnamente. Invece lei, signor dottore, fingeva. Dopo aver innamorata la raigazza, scappava; per una misteriosa. ragione, senza il minimo tentativo di riparare al mal fatto, scappava.... E l’ingannatore sono io!
Domandai: — Avete finito?
— Non ancora! Quando fui stanco di fare il collegiale e di aspettare la manna celeste, ed ebbi una nuova proposta d’impiego lontano, volli uscir d’incertezza; interrogai Ortensia. Mi rispose: «Non ci penso, per adesso, a maritarmi». Non era un no: potevo sperare, e rimasi. Ma la signorina non disse no allora per riguardo al babbo, che aveva bisogno di me. Il no venne dopo quando la società progettata da Moser pareva sicura e non si danneggiava il babbo disgustandomi. E sono io l’ingannatore!
— Avete finito? — ripetei più forte.
E Roveni, più forte ma pur come chi si padroneggia anche nella vittoria:
— Non ce n’è abbastanza? Vuol dell’altro? Ecco! L’affare della società andò a rovescio. Moser stava per fare il capitombolo; gli operai, senza paga, minacciavano di prenderlo a sassate. All’ultimo momento mi domanda una somma per restituirmela, s’intende, il giorno dopo. Io gli do tutto quello che ho: i miei poveri risparmi; e il giorno dopo Moser fallisce.... Chi è l’ingannatore? Adesso ho finito!
Buttò in terra il resto del sigaro; incrociò le braccia e con un moto del capo più insolente che accondiscendente:
— A lei!
— Avete finito male, come avete cominciato!