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mi dicevo — ; la convincerà a non far sciocchezze a non trattarmi indegnamente. Invece lei, signor dottore, fingeva. Dopo aver innamorata la raigazza, scappava; per una misteriosa. ragione, senza il minimo tentativo di riparare al mal fatto, scappava.... E l’ingannatore sono io!

Domandai: — Avete finito?

— Non ancora! Quando fui stanco di fare il collegiale e di aspettare la manna celeste, ed ebbi una nuova proposta d’impiego lontano, volli uscir d’incertezza; interrogai Ortensia. Mi rispose: «Non ci penso, per adesso, a maritarmi». Non era un no: potevo sperare, e rimasi. Ma la signorina non disse no allora per riguardo al babbo, che aveva bisogno di me. Il no venne dopo quando la società progettata da Moser pareva sicura e non si danneggiava il babbo disgustandomi. E sono io l’ingannatore!

— Avete finito? — ripetei più forte.

E Roveni, più forte ma pur come chi si padroneggia anche nella vittoria:

— Non ce n’è abbastanza? Vuol dell’altro? Ecco! L’affare della società andò a rovescio. Moser stava per fare il capitombolo; gli operai, senza paga, minacciavano di prenderlo a sassate. All’ultimo momento mi domanda una somma per restituirmela, s’intende, il giorno dopo. Io gli do tutto quello che ho: i miei poveri risparmi; e il giorno dopo Moser fallisce.... Chi è l’ingannatore? Adesso ho finito!

Buttò in terra il resto del sigaro; incrociò le braccia e con un moto del capo più insolente che accondiscendente:

— A lei!

— Avete finito male, come avete cominciato!