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tutta la brutalità che non avete più coraggio di nascondermi, voi potete pensare a questa sciagura estrema, a questa conseguenza ultima del vostro tradimento? È l’incoscienza! E io che son venuto qua per accusarvi dinanzi alla vostra coscienza! Non vi ho ancora conosciuto abbastanza! Volevo dirvi che non avete saputo ordire così bene i vostri inganni da scampare alla condanna, degli onesti. Ma mi accorgo che non vi ho ancora conosciuto abbastanza! Come dovete esser tristo!

Per lui furono parole che gli diedero tempo di rimettersi e delle quali non sospettò tutta la gravità. Credè, forse, che io parlassi vagamente d’inganni, nè supponeva che Moser fosse salvo e che mi fosse nota la frode perpetrata nei libri della ditta. Sempre pallido, ma sicuro adesso nello sguardo freddo e nella voce, e privo di sorriso, ribattè:

— Adagio, signor dottore; calma! Corre troppo, lei! Lei mi ha già detto, tutto in una volta, che io sono un ingannatore, un traditore, un tristo, un incosciente. Lei mi sembra un rappresentante del Pubblico Ministero che fa la requisitoria a un povero diavolo d’accusato e gli scaglia contumelie in nome della legge. Ma prima di far la parte di accusato io voglio domandarle in nome di chi e con che diritto si assume, lei, la parte di Pubblico Ministero!

— In nome della vostra vittima; col diritto che mi dà l’amicizia di Moser; col diritto di chi ebbe il torto di credervi diverso da quel che siete e di favorire senza volere i vostri inganni.

Tacque; ripigliò il virginia. Il suo sguardo mi sfuggì mentre lo riaccendeva riflettendo. Allo

Albertazzi. In faccia al destino. 18