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Il curatore a questo punto sembrò attendere da me la spiegazione. Io, infatti, cominciavo:
— Evidentemente Roveni stesso consigliò Learchi a chiedere la garanzia, e Roveni seppe persuaderlo che egli solo....
Ma il ragioniere, quasi mal pago dell’«evidentemente» con cui era incominciata la mia risposta, m’interruppe:
— Prego! Mi lasci dire.... So di dire una cosa grave.... A lei non chiedo che la sua parola....
In fede del segreto io portai una mano al petto. Egli proseguì risoluto:
— Il contegno dei signori Learchi e Roveni mi insospettì. Avrò torto...., badi; posso aver torto; ma il sospetto si è confermato in me, da ieri. Insomma: io dubito che nella gestione Moser ci siano irregolarità mascherate così bene; da esser sfuggite alle mie indagini.
(Era la falsificazione a cui aveva alluso Learchi!) Nè il curatore esitò ad aggiungere che il giorno innanzi Moser era stato da lui e a certe dimande aveva risposto, confuso, che gli schiarimenti desiderati poteva darli solo il Roveni. A questo, negli ultimi tempi, aveva affidato anche parte dell’amiministrazione.
— È la verità, senza dubbio — dissi io.
L’altro non attese al mio asserto; come non m’avesse udito.
— Ho pregato quindi l’ingegner Roveni di venir da me per schiarimenti sui libri dell’azienda. Non è venuto; m’ha, scritto che egli nell’amministrazione Moser non ha nulla a vedere, tranne il suo piccolo credito; e riferisce una clausola dei contratto da lui conchiuso col Moser quando assunse la direzione della fabbrica. Per quella