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navano a me; e non parlavano più al mio cuore; come illusioni inutili! come niente! Ora io pensavo che la morte non fosse annientamento della coscienza, non fosse solo trasformazione della materia, nondimeno ogni affetto dei miei cari, anche ogni affetto dei miei cari era spento in me! Comprendete tutta la mia miseria?

Orribile! Se la scienza, non per effetto necessario ma per sola conseguenza occasionale, può avere condotto un uomo, un solo uomo, a tale estremo, sia pur maledetta la scienza!

— Buona passeggiata! — Proseguivo per l’erta via che congiunge Valdigorgo a Paviglio. Da Valdigorgo giungeva ancora, a quando a quando, un confuso murmure di voci e d’opere. Salivano donne fastidiosamente liete della vendita o della compera al mercato; transitavano carbonai e somieri: ai lati, ora spazi di campi, ora lembi di bosco, e verdi ripe, lente o scoscese; qua donne con le vesti succinte che ammucchiavano il fieno; là una mucca che pasceva, una pecora che sbucava da una macchia; più oltre una casupola nitida. Chioccolii nella fratta. Ma la vita che scorgevo e udivo intorno a me, no, non mi ridava l’anima! Tra due massi scaturiva un’acqua sorgiva che rigava d’una limpida vena un fossatello senza limo. Nè io avevo sete. Un birocciaio però, venendo con la biroccia carica di legna, lasciò procedere i muli, e gettatosi in ginocchio a terra con la testa indietro e teso il collo, ricevette il zampillo nella bocca; avido, ingordo, d’un solo fiato. La gola riarsa si dilatava palpitava al passar del liquido e della frescura.

Ristoro ineffabile! Splendevano gli occhi all’uo-