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cerone!... Qui vicino a me, a scaldarsi! Senza complimenti!
— Si scaldi! — diceva, la moglie. — Si metta a sedere.... Su, della legna, Innocenzo!
E il signor Innocenzo, ancora imperfettamente mascherato ma di nuovo col cappello in testa:
— Perchè non è venuto un po’ prima? Avrebbe desinato con noi; alla buona...., si sa, da montanari.... come siamo.
— Redegonda! Presto!... qualche cosa al signor Sivori, al signor dottore!
— Che cosa? — Ella correva intorno alla tavola, avanzava, retrocedeva domandandomi:
— Caffé? cioccolata? latte? cognac? un zabaglione? Le faccio un zabaglione? un vino brulè? un punch?
— Moscato bianco! — urlò il sindaco. — Il mio moscato bianco, che riscalda le budella: riservato per gli amici!
Quindi, dopo avermi lasciato un po’ schermire:
— Lei non era a Vienna? Che c’è di bello a Vienna?
— A Berlino, vorrete dire! Era a Berlino! — correggeva la signora Redegonda, mentre usciva per la bottiglia e qualche altra cosa.
Sì, venivo da Berlino; ma già m’ero fermato a Milano....
A queste parole la Learchi ristette sulla soglia, con la bocca ridente e gli occhi sbigottiti, e tornò indietro quasi per soccorrermi.
— L’ha visto? Li ha visti? — Sopprimendo i nomi sperò di attutir lo sdegno che prevedeva.
Infatti il signor Innocenzo le volse due occhi rabidi:
— Eh! Aveva obbligo di vederli?