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perchè riebbi nella memoria il contrasto d’altre grida gioiose e d’altre risate: di giorni pieni di sole e lieti di verde e di fiori, quando Ortensia era ragazzetta felice...., lassù.

Come la rivedrei ora?

Con che palpiti scorsi, da lungi, la villa! Un raggio di sole finalmente aveva rotto la nebbia proprio là perchè io la vedessi da lungi!

Ma quando arrivai mi sorprese che nessuno si facesse vivo. Mi era Immaginato di vedermi subito accolto da Claudio, da Ortensia: invece un nuovo e umile servo tardò a venire al cancello.

Ecco un primo contrattempo: Moser non c’era; era partito la mattina per Milano.

— La signora? La signorina?

A stento il servo acconsentì a introdurmi nella bella sala a terreno; ora gelida. Ma tra la cima degli abeti il sole riapparve, dalle vetriate, nel giardino.... E d’improvviso una delle porte laterali s’aperse: Eugenia.

— Lo sapevo che Sivori non ci avrebbe abbandonati! — Furono queste le sue prime parole. Io, per prima cosa, mi avvidi che quella donna così patita e debole nell’aspetto, con molti capelli bianchi, con le guance scarne, conservava e manifestava negli occhi una meravigliosa forza; la fede le diceva: «Devi sopportare e soffrire; e ne avrai bene per te e per i tuoi!»

— Voi non ci avete abbandonati nella sventura — ripetè; e mentre io stringevo e tenevo stretta nella mia la sua mano, aggiunse, chinando gli occhi:

— Una sventura forse irreparabile....

— Non lo credo. Si riparerà; supereremo questa prova!