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— Ma il babbo oggi non è venuto da noi, come aveva detto.

— Eh! Se non è venuto oggi, verrà dimani! Benedette donne! Sempre pensare al peggio.... Per fortuna. Bebe somiglia a me! Guarda, Sivori, come ride.... Bòoo! — gli faceva il padre; e il bimbo si mise a ridere d’un riso istantaneo, quasi d’un tratto gli cadesse ogni diffidenza e la mia immagine gli divenisse gioconda a udire il mio nome.

— Ti....vovi — si provò a dire.

— Bevi, Tivovi, e raccontaci qualche cosa di Berlino — disse Guido. Ma anch’egli mangiando e bevendo in fretta e tirandosi i baffi, che non aveva, non dissimulava abbastanza il desiderio di trovarsi solo con me.

Poichè io ebbi date mie notizie e trovato un pretesto alla mia partenza da Berlino, Guido cominciò a scimiottare il cavalier Fulgosi e a inventar su di lui aneddoti scandalosetti.

— Ma Guido! ma Guido! — Invano Marcella cercava trattenere il narratore! per la lubrica china.

A un certo punto, chiesi:

— Che fa Anna Melvi?

— Anna studia il canto e impara dal cavaliere le regole dell’alta coquetterie, perchè il cavaliere vuol lanciarla lui, tra le quinte. Le irregolarità Anna le sa da un pezzo: gliele insegnarono Roveni e Minguzzi.

Fu la sola volta che, presente la moglie, a Guido scappò di bocca il nome di Roveni; a udir il quale apparve una fugace impressione avversa nel soave volto di Marcella.

Essa intanto ripeteva: — Non gli dia retta! non è vero niente!