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Meglio ridere!
Al bivio presi la via del monte. Ci rividi Martino, cenciaiuolo e merciaiuolo, che scendeva con la biroccia e l’asino. Dei due, chi mostrava più segni del tempo trascorso nella mia assenza, non era l’asino, era Martino. Aveva la barba bianca e camminava curvo; non come una volta a lato alla biroccia, ma dietro. L’asino invece, tale e quale: nel pelo, nell’andatura, in tutto. E dei tre, il cenciaiuolo, l’asino ed io, chi più invecchiato? Io! Ma che cosa mai aveva meritato o demeritato dalla sorte in quei due anni l’onesto Martino? Così invecchiato mi appariva, che non potèi non interrogarlo.
— Nessuno al mondo è felice come voi! — io gli dissi per ridere, per divagarmi.
Mi guardò e rise lui per rispetto; chè alle canzonature degli eguali rispondeva in altro modo.
— No? — continuai. — Vostra moglie non sta bene?
— Bene; grazie a Dio.
— Foste ammalato voi?
— Grazie a Dio, nossignore.
— E l’asino sta benone! Dunque è cresciuto il prezzo della mercanzia?
— No, no! II percalle anzi si compra meglio; anche la tela. Ma.... — sospirò.
— Calato il prezzo degli stracci?
Scosse il capo guardandomi tuttavia incerto.
— Ah, capisco! Qualche disgrazia, forse, che non potete confidarmi....
Il poveretto, da uomo uso a longanimità, chinò la testa e tacque a lungo. Quindi si sfogò:
— Le par poco, a lei, lavorar vent’anni, da casa a casa, a stentare il soldo? Consumare le gam-