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chi, per non vederla, e cercai invano nel mio cuore una preghiera infantile.

Ma se non potevo pregiare, neanche potevo più maledire! Impossibile in quel trepido silenzio invocare, come un tempo, un disordine enorme che lanciasse il mondo delle passioni umane nelle tenebre e nella morte! Impossibile sognare mai più che una potenza suprema, mostruosa e gaia, si rivelasse a por termine alla sua commedia, ordinando: «Basta! Basta con l’amore!; col dolore!» Per i buoni, per gl’ingenui, per i forti, — se non per me— una fede, un Dìo, c’era! E gettando lo sguardo all’aperto: «Sì, tutto nell’autunno deperirebbe e ingiallirebbe, e marcirebbe nell’inverno; ma in quel cielo cristallino e fervido, in quella letizia luminosa e festiva, risplendeva, certa, una promessa di vita.

Dal mio stesso dolore, nel sacrificio, non rampollerebbe un bene?... Senza più ira, senza più gelosia mi provai a riguardarla....

E quando, finita la messa, la vidi venirmi incontro con quel sorriso di dolore non più respinto, ma palese le quasi solenne, io era deliberato al pari di lei. Lasciammo sfollare; indugiammo per il sentiero risalutando chi oltrepassava e ci salutava.

Tra gli ultimi fu una, coppia amorosa. La giovane arrossì; il giovane ci fe’ un saluto confidenziale.

— Lo ravviso....

— È un operaio della fabbrica. — Ma sì dicendo Ortensia ristette. Non più vane parole!

— Domani, dunque... È deciso?

Irremovibile nel pensiero, con il pensiero di fatalità che i parola comprendeva, risposi: