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dell’intera nazione», il corrispondente passò a descriver la festa, a nominar le persone cospicue del pubblico e a vantar le «ideali parvenze» delle signorine Moster, allora Ortensia proruppe: il cavaliere rimase innondato da un’onda di torbida ilarità.

— Ma bravo! Bravo, signor cavaliere! E lei crede che nessuno se n’accorga? Ah Ah! Ma la corrispondenza l’ha fatta lei! Tutti lo capiranno; e se qualcuno non lo capirà lo dirò io! io! a tutti!

Fulgosi affogava. Si mise ai scongiurare:

— No, signorina, non lo creda; non è vero; non lo dica!... Anche se lo crede, per carità non lo dica!... Noblesse oblige.... Lei così gentile perchè vuol rovinarmi?

— A tutti! Tutti debbono saperlo! Mamma, Marcella, venite a leggere che coraggio ha avuto il cavalier Fulgosi!

Fortunatamente Eugenia e Marcella le quali venivano già pronte per andare in paese, interpretarono quello sfogo come uno scherzo; e io stesso m’intromisi a mutar la cosa in gioco.

Salvo, il cavaliere s’accontentò dei ringraziamenti che gli fece Marcella; poi s’accomiatò più frettoloso di quando era venuto.

— Dunque — disse Eugenia — tu. Ortensia, che fai?

— Vado all’Oratorio.

— Un capriccio!

— Con Sivori, ci vado!

— Meno male!

— disse Marcella. — Un capriccio questa volta che ha una buona intenzione!

— Io vado con la mamma, — interloquì Mino,