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tempo che io avessi tardato troppo a frenar la passione di Ortensia e ch’ella vi si abbandonasse troppo debolmente.

E non potevo dirle: — Se tu sapessi il bene che ti voglio!

Quasi strappandosi dai suoi pensieri, Ortensia esclamò:

— Sai, Marcella? Sivori non parte più per ora.

— Come? — feci io nel tono di chi respinge un brutto scherzo.

— Si è sfogato. È stato feroce. Non saran più i pettegolezzi di Anna che lo faran partire così d’improvviso. Ad Anna nessuno bada più; neanche Roveni.

— Ma io non parto per questo!

— Perchè dunque? — fece Marcella senza malizia.

— Perchè lunedì debbo essere a Milano.

Ortensia ritardava il passo sì da lasciar avanzar un po’ la sorella, e velata di subitanea tristezza, mormorò:

— Non credevo....; non credevo....

Le chiesi a voce alta:

— Che cosa non credevi?

Mormorava:

— Che lei mi tenesse ancora per una bambina....

— Ma no! via!

— Leggera, dunque; capricciosa; falsa, come Anna!

— Chi t’ha detto questo? Non è vero!

— Si vede, si vede!

— Ti prego, Ortensia....

Marcella, che si era fermata ad attenderci, rise.

— Vi bisticciate?