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conflitto non degno del suo intervento. A chi mai, vedendolo in quell’attitudine, sarebbe venuto il dubbio che quell’uomo fosse un vile? O chi avrebbe dubitato che, se invece di comico il caso fosse stato tragico davvero, egli non si sarebbe comportato diversamente?
....Poi mi rivedo nella sala del buffet. Ivi gli invitati, mangiando paste e sandwich, si preparavano ad assistere alla gara di tiro.
Io passavo di gruppo in gruppo, con la sola intenzione di star lontano da quello in cui era Ortensia.
Insieme con la sorella, due o tre signorine paesane e alcuni giovani corteggiatori, essa era rimasta confinata presso al balcone; nè il mio sguardo poteva correre là senza incontrare lo sguardo di lei. Essendomi avvicinato una volta lei si staccò dagli altri e venne a me, in apparenza ardita, ma mi chiese pavida, a bassa voce:
— Perchè non sta qua con me?... con noi?
Colto all’improvviso, non seppi che rispondere. Risposi sorridendo come chi muova un benevolo rimprovero: — Bambina....
Essa, di pallida che era, avvampò.
Roveni, intanto, percorreva la sala con il fare di un padrone di casa. Osservai che quel giorno gli occhi del giovane erano senz’ombra alcuna; anzi il suo sguardo, così freddo per solito e teso innanzi a lui, pareva più limpido e ricercava come per un’accondiscendenza o cortesia nuova il mio sguardo. Aveva già saputo della mia partenza? Così pensai. Eppure non potevo odiarlo!; tale concetto ne avevo!
— È vero che Ortensia sta bene vestita così?