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si dimostrano indegni della nostra stima. Io di Roveni....

— Sivori! — Ortensia gridò, sdegnata, quasi minacciosa, come non l’avevo mai vista.

— Lasciami dire. Di Roveni io ho tanta stima che non posso pensare alla tua felicità senza pensare alla sua felicità.

Allora essa mormorò:

— Non credevo....; non credevo.... — e fuggì via.

Non credeva che io fossi spietato!

.. .. Annunciai poco dopo a Eugenia che partirei il lunedì prossimo. Eugenia mi disse:

— Perchè non restare ancora un po’ da noi?

Speravamo restaste fino all’inverno!... Volete andar laggiù, in pianura, in autunno?

Non andrei a Molinella.

— Farò come Roveni. Andrò anch’io lontano a cercar lavoro; ma con minori speranze di lui!

— Vedete che non siete guarito? — la signora mormorò notando il modo delle mie parole. Scoteva il capo; e come un giorno aveva detto: «perchè Dio non v’ha dato una sorella?», ora disse:

— Se aveste una famiglia, vostra....

Questo dovevo udir io, da sua madre, senza rompere in pianto!

A desinare, dalle occhiate bieche di Claudio mi avvidi che Eugenia l’aveva già informato della mia decisione. Mi avvidi anche che n’era informata Marcella: Ortensia arrossì, guardandomi....

Quanto mi amava!