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Era tanto mutata!; o mi pareva. Diversa nei modi: non accorreva più come una volta, non rideva più con l’impeto di prima; diversa nello sguardo, più luminoso e profondo; e in tutta la persona di lei sembrava definirsi la gravezza di un intimo raccoglimento, d’una meraviglia deliziosa intensa, continua; quasi d’una beatitudine meditata e riflessiva.... Se pure non m’ingannavo!

La consideravo con timida gioia. Ma diveniva tosto una gioia affannosa, paurosa; e con più speranza che timore mi ripetevo:

«Forse m’inganno».

XX.

O forse tutto era un inganno? Per difendermi del male che facevo e che avevo, inveii contro me stesso e rimproverai Ortensia. Innamorato, al pari di tutti gl’innamorati forse io ero uno stolto che alla donna reale aveva sostituito la creatura del suo sogno. Troppa bellezza, troppa intelligenza avevo attribuito a quella ragazza diciassettenne; e bisognava rompere l’incanto, non solo per risparmiarle soffrire, ma per risparmiarmi soffrire.

Era bella; nessuno poteva negarlo: un fiore. Beltà ]però facile a deperire presto, come accade di tutte le bionde.

Poi mi meravigliavo perchè adesso Ortensia non chiacchierava più come per l’addietro, e la credevo perciò innamorata? Ma taceva solo perchè