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XVIII.
La vittoria è dei forti! Questo almeno sapevo per scienza ed esperienza. Dunque.... fuggire!; inutile competere con Roveni, forte di nervi, di mente, di animo, di fortuna! Già nel desiderio di Eugenia egli era eletto sposo di Ortensia e presto il capo biondo, che avevo visto un giorno poggiare con affettuoso abbandono sul petto materno, s’abbandonerebbe per amore su quel petto forte. Fuggire.... Quando? Ah se fui debole! se fui vile! Mi affidai alla mia debolezza per ritardare quell’ora; per non correre subito al limite verso il quale il destino mi spingeva e di là dal quale non vedevo che cosa ci fosse: la tenebra; il vuoto; il nulla come un tempo: peggio che la morte! Mi raccomandai alla ragione. La mia partenza improvvisa dopo il colloquio con Eugenia avrebbe rivelato il mio segreto a Eugenia, ad Ortensia, a Claudio, a tutti! Ancora qualche giorno per nascondere il mio segreto; per distogliere ogni sospetto anche da Anna Melvi; per compiere il sacrificio che, lontano, conforterebbe forse il mio dolore, tratterrebbe forse il mio braccio dall’estrema insania contro me stesso! Ancora qualche giorno!
Per la mia vita infelice, per la mia triste giovinezza, per quel che avevo sofferto e avrei da soffrire resistendo a vivere, impetravo da me stesso qualche giorno ancora! — Rimasi. E intanto dissimulare, fingere, mientire! Perduta la retti-