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Ma il cavaliere aveva già preso lo sdrucciolo, o sebbene avvertisse il passo falso dovè tirare innanzi.
— .... non esiterei nella scelta tra lei e l’ingegnere Roveni.
Roveni?... Ero pallido, immoto nella persona e nello sguardo. Il mio stupore, forse più che altro, esprimeva il dolore profondo d’un animo generoso colpito a tradimento. E al dolore sottentrava irrefrenabile lo sdegno.
Con il presentimento di una battaglia più dura di tutte le altre, il cavaliere aveva tolte dall’astuccio le sole armi che potessero levarlo d’imbarazzo: lo specchietto e il pettinino; e con tutta la disinvoltura che potè assumere, con la più tenera occhiata de’ suoi occhi pecorini, con l’ingenuità di chi spera ancora di riparare dopo averla fatta grossa:
— Che sia poi vero quello che si dice? — domandò.
Io l’investii:
— Si dice?...
Più pallido di me, tenendo il pettinino nella destra e lo specchietto nella sinistra, a mezz’aria:
— Non assumo alcuna responsabilità — mormorò: — Nessuna responsabilità delle chiacchiere altrui.... Si dice, dicono, lo dice anche la mia signora, che la signorina Ortensia sposerà.... l’ingegner Roveni.
Stavo sempre immobile, quasi aspettando ancora. L’altro, al mio silenzio, si smarrì del tutto, precipitò sino in fondo.
— Sarebbe un matrimonio già combinato....
Allora io gli gettai in faccia una sola parola:
— Sciocco!
E tornai a guardare il cielo. Fremevo, cieco