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Ortensia protestava:

— Vede se ho ragione io di non volerne sapere dei poeti? Noiosi! Han sempre da lamentarsi!

— Essi però han più ragione di te: essi han vissuto e guardato nella vita.

— No! no! han torto! Non posso credere! Noiosi!...

Protestava batteva i piedi, ma come chi s’impazienta a udire ciò che potrebbe esser vero.

E le ripetevo:

— Tu vedi tutto bello e tutto buono. Presto imparerai che al mondo c’è più cattiveria che bontà e che il brutto supera il bello.

— Dio! Dio! che uomo! — esclamava; e rimaneva sopra pensiero un istante, guardandomi quasi mi ricercasse nel cuore quanto dolore e quanta sciagura m’avessero condotto a creder così. Le restava come un timor panico negli occhi.

Anche le dicevo:

— Tu sei facile alle impressioni, ma rifletti poco. Comincia dunque dal riflettere su le impressioni degli altri: leggi.

— Leggeremo! purchè non sgridi, non rimproveri....

Ma di leggere non avrebbe trovata opportunità se non si fosse mutato il tempo.

Al principio di settembre piovve alcuni giorni di seguito, con autunnale ostinazione; e poichè non bastava cucire o ricamare a sbalzi per passar la giornata. Ortensia dovè prendere un libro. Avevo vinto. E qual migliore consigliere di un buon libro? Io ne sceglievo di quelli che rappresentassero la vita qual è. Potevo così interrompere il triste ufficio di ammonitore e quietarmi nella consuetudine che il maltempo rendeva