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Quand’ecco Pieruccio venne da lungi con grida più alte:
— Legna grossa, signori! legna da carbone! — Si traeva dietro una panca.
— Da bruciare?
— Sei matto?!
— Bruciamola! Bruciamola!
— Non si può! Non è nostra! — protestava Marcella.
— È rotta!
— Bene! Va bene, questa!
— Bruciamola!
— No!
— Sì!
— Sì! Bruciamola! Urtoni, strappi, scappellotti, strida.
E io piombai in mezzo alla mischia.
Allora! Dopo il breve silenzio della sorpresa:
— Eh! Chi si vede! Ben arrivato! Buona sera! — Sta bene? — Ma si accomodi! — Che cosa comanda? — Uh, che faccia!
Sostenendo io, quantunque a fatica, il cipiglio di severità, le tre signorine, raccolte insieme a braccetto per comune difesa, mi risero in faccia; mentre Guido ripeteva inchini e chiedeva:
— In che possiamo servirla?
Quieto solo lui, Pieruccio, mi attaccava un riccio nella giacca, alle spalle.
— Punto primo! — urlai (Oh in che imbroglio mi ero messo!) — Qui si è rubato!
— Nossignore! — S’inganna! — Non è vero!
— Lasciatelo dire!
— Si sono sbattuti i castagni!
— È falso! — Calunnia! — Calunnia! — Lasciatelo cantare! Ha invidia! — Si calmi....