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— Che c’è?

— Mi accompagna alla bottega? — Era una botteguccia sulla via maestra, in cui vendevano un po’ di tutto. — Andiamo a comperar aghi e cotone....

Oppure: — Vado all’orto per la frutta. Chi mi accompagna, lei o Mino?

— Tutt’e due!

Con maggiore attraenza andavamo alla cascina, non solo perchè c’era il lattonzolo da riverire, le faraone e le anitre in attesa, di becchime e la massaia ridanciana; ma perchè la viottola che vi conduce va, al di là dell’antico convento, era deliziosa per querce e per radure che svelavano a tratti cielo e terra.

Quando poi aveva da cucire. Ortensia non restava più chiusa nella sua stanza; cercava, ne ammirassi ora la voglia di lavorare, la pazienza fin a proseguire il ricamo di Marcella. Spesso diceva:

— Sono buona?

Buona, compiacevasi di udirselo ripetere, appunto perchè consapevole della energia di volontà che, come le faceva parer bella talvolta la ribellione, ora la conteneva in tanta sommissione con me.

Ripeteva: — Non mi sgriderà più: è vero? Mai più!

Per poco io non rimproveravo me stesso dell’aver dato soverchia importanza a scappatelle; e pur temendo il malesempio di Anna, ripensavo di Ortensia: «Il male è giunto al suo orecchio e alla sua mente, ma senza contaminarla».

E pareva che questo pensiero mi facesse bene.

Anche con Mino, che avevo indegnamente tra-