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scello„, che delicatezza, che poesia, e che luce diffusa per tutta la tela e nell’acqua, che zampilla giù da una piccola conca, specialmente negli occhi della donna, che, con un’arpa minuscola in mano, si protende sulla vena d’argento, per sorprenderne il gemito doloroso, il garrulo salto e renderlo poi sulle corde! Nella musica invece c’erano degli accordi martellati, un vertiginoso balzare e rompersi di suoni, un incalzar rotto, anelante di ritmici singhiozzi, un incredibile foga d’émpiti, con qualche tenerezza sfumata, nel mezzo.

Eppure tutto questo effetto non era stato da me goduto in realtà.

Bisognò, perchè vivesse nella mia anima, riempendola dell’onda musicale accennata, ch’io facessi un’astrazione: distrussi, con la mente, la scordata spinetta, dai tasti della quale la suonatrice aveva suscitata la tempesta maravigliosa, per mettere al suo posto un Erad pieno, gagliardo e nello stesso tempo dolcissimo.

Così come sono riuscito a far comprendere, camminando verso le cascate del Lanterna, mi si svolgesse tutta la gamma musicale nella psiche, ma non son riuscito a far capire a me stesso il perchè di quell’altra gamma di luce.

Essa proveniva forse da quelle cause che ho chiamate prima intermedie, ed è strano che, avendo esse nebulosi i limiti e le essenze, effondessero invece quella colorazione calda, iridescente, quell’arcobaleno, che circondava il fascino del suono, col fascino di uno splendente e misterioso diadema.