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che le discussioni e le teorie erano troppo magro conforto, e che si sarebbe ritornati a casa malcontenti, se, così discorrendo, io non avessi avanzata l’idea di far tutta la salita della Lua, poi l’altro tratto piano, dove domina una grande croce, per ricercare (m’avevano assicurato ci fosse nella roccia viva) un gran buco, che poteva essere una marmitta dei giganti.

Infatti, passato il piano del crocifisso ed arrivati ad una cappelletta, dietro le indicazioni esattissime forniteci dal portator dei laveggi, pigliammo dei due sentieri che conducono in Campo Francia, quello a destra, e, fatti appena cento passi accorremmo ad una esclamazione del dottore che ci precedeva.

Sulla sinistra del sentiero, in una gran roccia liscia, si apriva un vano circolare, ingombro nel fondo d’erbe e di terra.

Eravamo proprio davanti ad una gran marmitta di giganti.

Dopo i primi commenti, il professore, che, come al solito, voleva farsi una ragione del terreno e del fenomeno e si guardava d’intorno studiando, lanciò un’esclamazione, così straordinaria per noi che conoscevamo la tranquillità dei suoi mezzi vocali e il metodo calmo d’usarli, che lo guardammo stupiti.

E fu una gradita sorpresa: il professor Besta aveva scorta un’altra marmitta e ce la indicava con la mano.

„Ci mancano i maccheroni, e poi...“ disse il dott. Koderman con un gesto che è unico in tutti i paesi...