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Tornadri, perchè tutto riuscisse a seconda, si domandarono al sindaco le ultime informazioni e ci si fece accompagnare da una persona del luogo.
A mezzo la salita della Lua, e precisamente dieci passi innanzi una specie di nicchia naturale, dove la devozione dei fedeli ha posto un Sant’Antonio col Bambino; la nostra guida depose la zappa e il badile, guardandoci coll’aria di chi dice: „ci siamo“.
Noi demmo un’occhiata curiosa all’intorno, e, scavalcato il piccolo muricciolo che fiancheggia sul lato sinistro la strada, e, ben assicurati i piedi sulla china ripida e sassosa, ci chinammo a guardare nelle fessure, tra pietra e pietra sperando di intravedere la grotta.
Il montanaro diè di piglio alla zappa e incominciò ad intaccare la parete: io mi sentivo battere il cuore, il medico osservava attentamente, il professor Besta invece esaminava la roccia.
Sembrò che l’esame non lo soddisfacesse, perchè, avanzatosi verso il montanaro, che lavorava indefessamente per aprire il passaggio, guardò scosse la testa e disse:
„Di qui non si passa!“
Infatti, anche dopo smossa e levata una roccia, apparve un foro quasi circolare, grande più che la testa di un uomo, e, nella semi-oscurità interna, un vano diviso quasi in cellette.
Tra l’una e l’altra si osservò una specie di cemento nella cui parte inferiore si erano formati degli allungamenti a guisa di capezzoli: eravamo quindi dinnanzi al principio degli stalattiti: con