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sentito che l’ingresso era stato otturato con sassi, spinti per ultimo dal desiderio di conoscere questa cavità, che poteva avere un’importanza scientifica, il professore e il medico decisero di ricercarla dapprima e, se era cosa possibile, d’entrarvi.

Accettato a far parte della curiosa spedizione, non potei che ideare e precorrere, con la fantasia, le diverse emozioni che doveva presentarci la gita.

Diventavo improvvisamente esploratore, pioniere; sentivo che sarei stato capace di farmi calare giù fino a chi sa quale profondità, pure di scoprire alcunchè di nuovo e di utile; in ispecie mi faceva impressione il pensiero di assistere all’apertura della grotta, ai preliminari per entrarvi.

Essere costretti, per esempio, ad abbruciare qualche rama di pino, per capire se l’aria era respirabile; ad entrare con delle fiaccole accese, che si dovevano riflettere nelle volte di cristallo con innumerevoli scherzi di luce; magari a legarsi per non perder la via nei meandri del sotterraneo: poi ritornare, parlarne, scriverne, passare, ove ci fosse stata una scalfittura, per un martire della scienza; tutto questo, i lettori forse non crederanno, mi metteva addosso un’ansia che chiamerò scientifica.

Con tale sentimento, per me nuovissimo, nell’anima, balzai da letto la mattina destinata alla ricerca della grotta, qualche ora prima del necessario. Il tempo era piuttosto coperto, avrebbe potuto piovere da un momento all’altro, ma la gita non fu rimandata; anzi, appena arrivati a