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domandandoci spiegazioni: noi ci guardammo in faccia, piuttosto impacciati; se c’è infatti una cosa difficile è quella di semplificare i più ardui risultati della meccanica, in modo da farli comprendere a montanari, che non ne hanno neppure un’idea.
Il pittore, che m’accompagnava, aveva già tolto dalla tasca un foglio di carta e una matita per disegnare lo schizzo, ch’io avrei del mio meglio illustrato, quando, all’angolo della strada, apparve la nube di polvere con in mezzo ancora l’automobile bianca, che avvicinandosi rallentò un poco la corsa.
Accadde qui una scenetta curiosa e gustosissima; la maggior parte di quelle persone che si erano mosse per incontrare la macchina, prese forse da un panico che non seppero frenare, spaventate dal pulsare forte e dall’ánsito potente della corritrice, temendo forse che li schiacciasse si diedero a scapparle dinnanzi, volgendosi ad ogni suono di trombetta, con gli occhi fuor dalla testa. Qualche madre, paventando per la vita del figlio, se lo strinse al seno saltanto giù nel piano sottostante alla strada (un metro e mezzo circa e sotto, per fortuna, c’è il morbido dell’erba), altri invece s’attaccò alle prime sporgenze che conducono alla Cima Sassa, voltandosi solo quando si credette completamente al sicuro da quel portentoso congegno, che, forse, avrebbe potuto raggiungerlo volando.
I rimasti sulla strada si schiacciarono quasi contro i parapetti, mettendo dinnanzi al ventre le