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modati a sedile, s’apre un armadietto a muro, ed al suo fianco, quasi per logico compenso, sporge una mensola massiccia.
Il tetto, che ha la sua massima altezza nel centro della baita, è spiovente ai due lati come quello di una soffitta: su tutto il fumo, che non avendo altra uscita che la porta e gli interstizi fra pietra e pietra, ha deposto una patina oleosa e nerastra.
Però la panca di legno, il sedile di pietra, il vano nel muro, il medesimo pavimento s’indovinano più che non si vedano; perchè sopra di essi, e, dove è possibile sotto, sono disseminati gli oggetti i più diversi in un disordine incredibile. Fanno capolino dovunque boccette, scatole di sardine, scarpe di panno alla montanara, coperte da letto, pane di segale e burro spalmato di polvere, inchiostro, pennelli, tele incominciate o greggie, paiolo ripieno d’acqua perchè rammollisca la crosta della polenta, abiti e cappelli nei quali si nascondono le posate e le matite; sacchi e sacchetti di tutte le dimensioni con le bocche aperte o strettamente serrate; legna verde e secca; salami che sgusciano da miseri pezzi di carta; bastoni ferrati... e, nei due angoli non occupati dal letto-mangiatoia o dal focolare, ecco mostrarsi un mucchio alto di cose, che sfuggono ad una descrizione minuziosa e che si abbracciano, che si confondono, forse per raccontarsi le peripezie della loro vita avventurosa e bislacca...
Entrando non sapete dove mettere i piedi, e, anche le mani, allungate per appoggiarsi alle