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un brusio indistinto, la voce del torrente che gli abitanti m’avevano assicurato essere il Mallero, ma che invece è il Cormor il quale, unendosi allo Scerscen in campo Franscia, dà origine al torrente Lanterna che conosciamo.

Quella voce, quel brusio che proveniva dal muoversi, dal correre, dall’agitarsi dell’acqua; che indicava quindi una specie di vita, mitigò la mia prima impressione; ed io guardai l’orrore e la bizzarria dei pizzi e delle roccie con occhio più sereno, quasi con benevolenza, poichè qualcuno, qualche cosa viveva, forse si lamentava con me.

Però tutta la grandiosità e la cupezza del paese non s’impicciolì per il nuovo sentimento, essa rimase e rimarrà sempre nel mio pensiero come vi si stampò nella prima visione, così che anche lontano, anche fra molti anni io la saprò ricostruire nel suo caotico orrore.

Un’altra cosa che non potrò dimenticare, perchè vista per la prima volta, e perchè mi ha data l’immagine inversa della vita umana, è la caduta delle valanghe.

Da uno dei ghiacciai, che mi stanno di faccia, s’eleva d’un tratto una piccola nube, poi s’ode, come se venisse da una viscera remota della montagna, un fievole scoppio; quindi un rumore che va mano mano crescendo col crescere della nube che s’allarga, e, finalmente, un rombo poderoso che scuote gli echi degli acrocori come un tuono; per ultimo, frammezzo al fumo denso e chiaro, prodotto dallo sfregamento e dal polverizzarsi delle nevi, si vede avanzarsi, calmo, un torrente