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la signora Cecilia immensa, e quell’asta di Cecchina e poi tutte le altre, gli uomini non ancora partiti per i boschi o pei campi... e le frasi:

«Addio!... arrivederci!... torni!... el staghi pö ben!» mi giungono all’orecchio; io, mezzo rivolto verso il paese e gli amici che lascio, rispondo alle grida con un agitar di mano e di berretto e mi commovo, poi, a un gomito della via, me la prendo con l’amico che mi sta a fianco ed ha ancora il viso ambiguo di chi prova rincrescimento e piacere.

Ma per poco!

Il bisogno di guardar bene, con amore, di sentire per un’ultima volta la bellezza della valle, che per il nostro correre sembra fluirci d’intorno, mi fa subito morir la parola sulle labbra: io ammiro e dopo l’addio alle persone saluto con gli occhi, saluto col cuore i monti alti, i boschi verdi, un poco nebbiosi entrambi sotto il primo sole.

E dunque addio....

Addio proprio, o monti, che mi avete fatto ansare per le salite aspre offrendomi sulle creste un riposo ventilato e dolce; oggi che conosco i vostri secreti fioriti di stelle alpine, i vostri cigli che paion labbra di porpora pei rododendri in fiore, il balzar dei massi frananti, l’aroma delle erbe e delle foreste, oggi è troppo spiacente il distacco!

Addio, sentieri montanini, ostacolati d’improvviso per una forra o un dirupo; addio discese prudenti e cadute sui ghiacci, entusiasmi e sconforti, impetuosi assalti e ritirate piene di rabbia