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La gazzarra minaccia di ricominciare quando Don Flaminio, veduto il fondo del suo bricco valtellinese, si asciuga con una mano la bocca e con l’altra fa cenno di voler parlare. Ma non si dicono che poche frasi inutili, mentre una sorella di Don Luigi finisce di sparecchiare la tavola e l’altra porta gli zigari.

È dopo aver sbuffato tre o quattro soffi di fumo azzurrognolo che il canonico, ridendo del suo riso franco e sonoro, esclama:

“Eppure, io posso dire agli scettici,” e intanto guarda in modo speciale me e l’amico mio che s’è tirato presso la finestra per non respirare l’aria viziata dal fumo, “che ho proprio dominata la punta del Disgrazia, il pizzo Bello, come lo hanno chiamato alcuni turisti austriaci e posso aggiungere che forse, certi amici miei,” e qui altra occhiata significante, “non sarebbero riusciti a seguirmi, perchè....

“Perchè,” scatto io, “il canonico è una lumaca e noi siamo camosci....”

“No, no, lasciamo gli scherzi; loro....” e si rivolge a me e a Radice, “sono pronti ad accettare una scommessa?”

Entrambi rispondemmo:

“Súbito, certo, dica!”

“Ecco, se dimostro, e le prove per tale dimostrazione dovranno essere stabilite da loro, ch’io ho proprio fatta la salita del Disgrazia, lei e l’amico suo Radice offriranno una colazione a tutti i presenti, ed io... compilerò il menù; se invece non potrò addurre fatti, testimonianze,