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sempre il sentiero e costeggiando a tratti il Mallero, che offriva ogni poco allo sguardo rapide e cascate, ed ora speravo d’arrivar presto alla Zocca, di passar veloce attraverso il nevaio e di fermarmi a mezzo lo sbocco, fra l’Italia e la Svizzera, per veder finalmente il paese vigilato dagli spiriti austeri di Segantini e di Nietsche.

Con questo bisogno che si faceva sempre più vivo, diventando quasi ansia, raggiunsi la Zocca, e incominciai a salire per il nevaio.

Qui non fui più solo: il mio pensiero mi finse allato un compagno, Bertacchi, il cantore del Muretto e della sua nube; e, in mezzo alla neve, dove per me non c’era nessuna buona fedeltà di orma, mi tornarono alla mente certe sue strofi semplici e scultorie, nelle quali, oltre alla bellezza e alla verità del paesaggio, aveva sentito palpitare l’anima e l’umiltà del poeta.

Anche Bertacchi ha camminato faticosamente per la mulattiera disagevole, egli ha voluto attingere una nube limpida, calma, pura, che stava quasi a fiore del clivo, bella come un sogno bianco, brillante come un velo di rugiada, e:


.... nell’ansia d’un ultimo conato,
puntando il piede, curvando la fronte,
col petto anelo e l’occhio abbacinato
quell’ostinato margine di monte
fu vinto alfine. S’allentò la fiera
fatica e l’ansia su la curva altura.
Ma l’anelata nuvola non era
                         lassù: limpida pura

si librava lontano, alta nell’aria.