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assicurare che siamo dinnanzi ad un gran bel brutto.
Non giuoco sulle parole, basterebbe a dimostrare la sincerità della mia frase, uno sguardo alla sella che il Lanterna ha scavato fra la Cima Sassa ed Argone Inferiore.
Io mi sono spinto verso la gola, - seguendo la corrente che presso il valico si fa più irrequieta, diventa più mossa, inarca le sue creste, batte contro i massi, si ripiega, si gonfia e ribolle sempre biancastra, sempre più veloce - e mi sono portato sopra uno degli speroni neri, che si avvicinano come per chiuderle il passo.
Superando la cresta, dove c’è una traccia minima di sentiero, sono arrivato all’inizio delle cascate.
Qui l’orrido è sublime!
La valanga d’acqua bianchissima, tuona, precipitandosi nel baratro; s’infrange contro gli scogli acuti, cozza contro massi enormi, rimbalza, riascende per ricadere più furiosa e più urlante, investita da un fiotto nuovo, contro cui si ribella invano.
Così schiacciata, polverizzata, nivea, trascinando nell’émpeto macigni che rimbalzano con tonfi spaventosi; si divide per gli ostacoli inamovibili, in parecchie cascate; ma si riunisce più sotto, e allora spumeggia, si torce, flagella le roccie, schiaffeggia i pinnacoli che la spezzano, si cinge di vapori, come per celare la sua maestà crosciante e la sua bianchezza luminosa; investe con tutte, le sue forze, nell'ultimo salto mara-