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Sono le prime ondulazioni della valle che smussano gli angoli aspri del nostro pensiero?
È invece la reazione logica di esso che si va formando in noi, o piuttosto il rifiorire di un sentimento insito nell’anima nostra, che ci vuole dolci, che ci chiama alla bontà e all’amore?
Quando siamo discesi e ci troviamo in mezzo alla prateria larga, l’anima nostra è ritornata buona, pervasa un po’ ancora da una malinconia sottile: camminiamo sul tappeto, fra le zolle soffici, guardati dai monti che minacciano rigidi, e che appaiono più tetri, più nudi, più alti e più acuti, solo perchè sorgenti da un pascolo così fresco e verde: vedute dal basso, le catene che strozzano Val Brutta, acquistano forma e carattere di guardiani sordidi, intenti a sorvegliare una preda agognata e gentilissima, stretti sopra di essa per timore di una ribellione o di una fuga, e nel medesimo tempo egoisticamente felici del possesso, come lupi famelici che abbiano azzannata una pecora bianca.
Così la Cima Sassa, l’Alpe Campaccio, l’Alpe Palù di Caspoggio, il sasso d’Agneda ed Argone Inferiore, eterni custodi della valle sono riusciti per l’orridezza loro a farla denominare con l’appellativo che conosciamo.
È brutto davvero quest’angolo di Valmalenco?
Io trovo ora di aver formulate due domande opposte, certo di non poter rispondere nè all’una, nè all’altra.
Le impressioni così strane e divergenti, che la valle mi ha suscitato, mi costringono però ad