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Non ho mai visto, altrove, nella natura, un’antitesi così stridente!
È bello questo angolo di Valmalenco?
Certo produce in noi qualcosa di indefinibile.
Guardando giù Val Brutta io credo notare in me uno spavento simile a quello si prova per un pericolo ignoto e lontano, lo sconforto che assale chi, d’un tratto, conosce la sua piccolezza e la sua miseria; ne so spiegarmi il perchè di un così strano sentire.
C è anche, questo forse più sensibile e quindi più avvertito, una parte di noi, quella fatta di senso oscuro, di ribellioni, di ferocie tramandateci dagli avi primi e soffocata dall’educazione, dall’ambiente, dalle convenzionalità; che sorge, torna in cima all’anima nostra, rompendone, sconvolgendone gli strati dei quali è idealmente contesta, per communicare in modo più diretto con la natura selvaggia che la circonda, poichè fra l’una e l’altra ci sono rapporti di violenza e d’orrore.
E la pianura, giù in fondo, così morbida, così bella; stretta fra i monti arcigni e minacciosi ci appare come terreno di conquista, e noi caliamo ebri di vandalismo, felici di trovare ogni tratto cave d’amianto lacerate ancor dalle mine, dove il piccone ha ferita la valle e l’ha frugata, quasi a sorprenderne ed a violarne la verginità dolce ed antica.
Corriamo giù e il sentimento nostro nella discesa si trasforma.
Forse per l’erba tenera è molle?