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“Vuoi ascoltarmi? ho bisogno di parlar un po’ di psicologia montanina: senti; ma non interrompermi;” e, senza aspettare risposta, mi investe con la sua parola facile e concettosa.

“Oramai anche l’alta montagna è divenuta accessibile a chiunque abbia danari da spendere; senza la minima fatica, comodamente seduti in un compartimento di ferrovia, si arriva a 2000 metri d’altezza; la funicolare trasporta poi a più di 3000; e quando sarà compiuta la linea della Jungfrau attualmente in costruzione, il più grasso e pacifico Tartarin che fantasia di poeta possa immaginare e capriccio di natura foggiare, potrà prendersi il gusto di dominar il mondo dall’alto di 4166 metri sul livello del mare.

L’alpinismo dunque è destinato a scomparire? Questo sport — che non è soltanto uno sport, perchè oltre che un utile esercizio fisico è anche una provvida disciplina dello spirito — dovrà, dopo che nella seconda metà del secolo scorso ha preso un così grande slancio, arrestarsi dinnanzi al trionfo del vapore e dei più complicati sistemi di trazione meccanica od elettrica? Chi non lo comprende, chi non vede l’alpinismo che dal suo lato esteriore, dal lato della tecnica e della ginnastica, della fatica e del pericolo, e non sospetta le profonde radici che ha nello spirito di chi lo pratica, crede sinceramente che la funicolare possa rendere inutile la picozza, che una qualsiasi linea ferrata, perchè si spinge ad altezze inaudite, abbia a rendere superfluo e ridicolo il lento andare per sentieri e per frane, per cana-