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ti leggo quel mio articolo sulle ricchezze valtellinesi che ho promesso al giornale. Vuoi?”
“Per bacco!”
Ci buttammo sull’erba.
Dalla conca saliva il soffocato strepitare del fiume; al di là, fra gruppo e gruppo d’alberi biancheggiava Chiesa, sopra ergevasi il grande albergo e, in cima alla sinuosa linea del poggio, a piè dei Corni per nulla minacciosi, spiccavano Primolo e i tetti di qualche frazione sperduta fra i pini.
Or sì, or no, per il moversi lento delle rame, apparivano anche i villini Pesenti, fra Chiesa, l’albergo e la torreggiante farmacia Racchetti. Dipinti a striscio colorate, che la lontananza velava, e circondati dalle verande fresche e fiorite, essi graziosamente superavano il poggio e l’elegante semplicità della costruzione spiccava, nitida ed armonica, sul verdeggiar dello sfondo.
“Guarda,” dissi all’amico mio, accennandogli i villini d’affitto, “non sono piccoli paradisi terrestri?”
“Davvero!” rispose Piero ammirando.
Ma il vento scosse, e scompigliò le rame degli alberi; la visione scomparve e l’amico mio cominciò a leggermi l’articolo promesso:
Il treno elettrico che risale la valle dell’Adda da Colico fino a Tirano, tenendosi per quasi l’intero percorso sulla sponda destra del fiume ed a ridosso della catena di monti che si estende dalla Valle del Mera alla Val di Poschiavo. sembra al viaggiatore, sporto curioso dal fi-