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la cima alle dieci, fermarci un poco, ed essere di ritorno per le dodici senza troppo sudare.
Povere nostre intenzioni!
La marcia ascendente, incominciata súbito dietro le case di Lanzada, proseguì abbastanza bene fino agli ultimi rustici del monte; la via, incassata nella costa ripida, saliva quasi diritta, ogni tratto ombreggiata da onizzi; dopo gli abituri divenne sentiero scoperto e il sole ci investì: movemmo più celeri, per riparare dentro un grande bosco di larici, che appariva al confine del pendio verde, e, raggiuntolo, posammo alquanto rivolti verso il punto di partenza che vedevasi più basso, quasi sotto di noi.
In faccia s’allargava Caspoggio, alla destra avevamo Chiesa, col suo grande albergo circondato da pini; sopra, da tutte le parti, le altre vette che abbiamo già imparato a conoscere, e che apparivano allora disciolte dalla solita bruma mattinale.
Riprendemmo il sentiero, che fu presto smarrito; allora, preceduti dalla guida inabile, continuammo a salire attraverso i larici a caso, sperando di arrivare presto alla fine del bosco o ad una traccia di sentiero che ne aiutasse un poco.
Il piccolo Sass rideva, saltando da un massa all’altro, scomparendo fra tronco e tronco a destra, talvolta passando rapido alla nostra sinistra per ricercare la strada, che non poteva essere lontana.
Si finì per trovare e per accontentarci di un alveo precipitoso di torrente, che scendeva giù