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Ci accoccoliamo al sole, coprendoci del nostro meglio con le giacche, e raggomitolandoci, il più possibile, sotto il piedestallo della croce per metterci al riparo dai venti, che ci investono e ci sferzano; ma non possiamo resistere.
Discendiamo per cercare un vano, una costa più riparata, e, trovatala, torniamo a raggomitolarci.
Voglio riposare: non posso; guardo troppo dinnanzi a me il mare delle montagne verdi, grigie, bianche, azzurre; che si distendono a perdita d’occhio, quasi tutte sotto il Pizzo Scalino, e non so resistere alla tentazione di vedere: risalgo.
M’arrampico sul basamento della croce, mi afferro al tronco di essa, che il vento scuote a tratti, ed osservo.
A nord e a nord-est infiniti cocuzzoli di montagne, che si vanno mano mano perdendo e confondendo nell’orizzonte celeste, formano il gruppo centrale delle Alpi Retiche; e, frammezzo a catena e catena, distintamente si vedono le valli di Poschiavo, di Livigno, di Forame, di cui, la prima sbocca a Tirano, e, le altre, a Ponte Valtellina: bellissima specialmente quella di Poschiavo che mi ricorda la sua cittadina fiorita di geranî, di garofani ed il suo lago e Selvapiana e Brusio gentile.
Ad est e a sud altre infinite linee di monti; fra le quali, più o meno visibili, quelle di Pizzo Canciano, del Gardè, del Saline, del Painale, della Cima Vicina: scorgo pure le valli di Togno; tutta la parte superiore di Valmalenco, con a fianco il