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rame secche, calpestate nel giorno dei morti, da chi va per i viali di cimiteri romiti.

Ecco, la teoria infinita e compatta arriva al Mallero, e, per la strada larga che sale, lo rimonta, coprendo con il suo fragore il mugghio forte del fiume.

Avanti, avanti! la notte oscura lascia appena intravedere il fiotto turgido e confonde, pochi metri lontano, le sponde, le case, i margini delle praterie e delle viti, le rupi e le montagne dentro una sola tinta nera ed opaca: avanti! avanti! Se un raggio timido di luna venisse ora a scoprire la vostra marcia ed il vostro paese, voi potreste rivedere, o baraonda di scheletri in cammino, l’Agneda che avete conosciuta forse quando era palude, il Castelletto Rosso, dominante da una roccia la correntía dell’Adda, contro il quale avete forse combattuto debellando le truppe di Franchino e di Ravizza Rusca nell’assedio del 1329: potreste vedere l’altura di Grumello, con i suoi ruderi, ormai scomparsi sotto una compagine verde di muschi e di viti; anche, e sono così belle sotto il raggio lunare, potreste scorgere, al di là, più alte del colle d’Aprica, le vette del Tonale e a destra il castello di Masegra e sotto il convitto, la città, le case d’Albosaggia, di Faedo, di Piateda, il poggio di Moncucco, il giardino che discende a conca fino a Gombaro... Ma la luna non si mostra e, per le vuote occhiaie, e vana l’ansia di una visione già altre volte goduta!

Ciacchi redivivi per una notte d’orgia, voi non