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rivoltella: la paura di ricadere sotto le zanne del mostro nulla toglie alla grandiosità dell’effetto intravisto: tutti i punti acuminati, tutte le superficie di ghiaccio, tutte le pozzanghere, i nevai, hanno servito da specchio; ogni colpo rosso di fuoco è stato centuplicato; la montagna sembrò avvampare e ottenebrarsi successivamente, come per miracolo.
Che bellezza fantastica orrenda! Intanto risalgo veloce; la testa non è più così sconvolta, pare che al fuoco io abbia potuto ordinarla: mi soffermo per ascoltare se l’orso grugnisca dietro di me, e mi segua; nessun movimento, nessun rumore; mi guardo indietro, nulla: la luna, con placida bonomia diffonde ancora la sua scintillante bianchezza, ancora le montagne, nella cuffietta bianca, sembrano buone ave attente, e ancora, sempre terribile, il fiume scroscia giù, in fondo.
Per tutta la distesa rutilante del ghiacciaio non un punto nero che si muova; quasi quasi direi di essere stato zimbello di un’allucinazione se...
Mentre mi volgo per proseguire il cammino ecco dinnanzi a me, sul margine roccioso, muoversi quattro ombre, quattro orsi, poichè la mia fantasia non vede che orsi.
Che fare? Tornare indietro? Proseguire?
Dio, Dio, la rivoltella è scarica, io non ho bastone, non ho coltello: è la morte che s’avvicina; i denti mi battono: mi getto per terra cercando di confondermi con la poca ombra allungata verso di me da un ghiaccio più alto degli altri.
Così, in attesa, prono e nello stesso tempo rag-