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unisce alla nostra comitiva, pronto a seguirci fino al Rifugio Marinelli, e pronto anche a prestarci il fucile, che reca scarico a spalla, per ispaventar qualche montanella e mettere in fuga qualche stormo d’uccelli.

Si monta, smozzicando rare parole fra i denti e barattando notizie sul Rifugio, quando, dall’alto, scende e s’avvicina, facendosi mano mano più sentito, uno scalpiccio, e, sulla strada tortuosa, appare un drappello di montanari, che ci è subito allato e si ferma per dare e per ricevere informazioni e notizie.

Vengono dallo Scerscen, e precisamente dal dosso sul quale è costruita la capanna Marinelli, dove hanno lavorato due mesi per fabbricare un rifugio più capace, a fianco del primo.

Don Luigi domanda loro la chiave della capanna, ma quelli assicurano che è aperta e guardata da un apposito custode: con vicendevole cordialità ci auguriamo buon viaggio e la brigata degli operai discende, noi risaliamo.

Ci si ferma a bere ad una sorgente freschissima, si arriva ad una santella scalcinata e sbiadita, dove la strada si biforca, si prosegue, alla nostra sinistra, per quella che conduce al Dosso delle Vette e, avanti!

Che profumo olezzano le erbe dei prati e le prime piante del bosco! com’è bella la strada che corre talora sprofondata fra due grandi rive di macigno, oppure va sul margine molle di un maggengo! Talvolta però si nasconde, riparata da una grande, sporgenza, che sembra pendere sopra