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Io guardo, penso e m’assale una nostalgia sottile; mi trovo fuori di posto in mezzo a queste montagne, dove quasi non c’è traccia umana, o, se appena è visibile, è così miserevole da fiaccare tutte le superbie, tutti i sogni di gloria, tutti gli impeti di giovinezza e d’audacia.

Io guardo, penso e mi domando che cosa è una baita fumosa a ridosso del monte, che cosa è un sentiero, che cosa è un grido, uniche opere e manifestazioni umane accessibili quassù, a confronto delle caverne, abitazioni di stalattiti e di quarzi, rispetto agli alvei dei torrenti, alle diritte incassate vie delle frane, anche rispetto ai boati delle vedrette che si dirompono pel sole? Non so e non posso rimanere molto in faccia alla grande natura, poi che essa mi affascina e nel medesimo tempo mi distrugge; ecco perchè io, i tutti credo, ci opponiamo a questo tentativo che l’universo fa per assorbirci chiudendo gli occhi, lasciando che il pensiero nostro corra ad altri luoghi, ad altre persone; specialmente ad altre persone, perchè la loro compagnia spirituale ci fa più forti, ci permette di resistere contro la natura o, perlomeno, di momentaneamente obliarla.

Ecco allora che tutte le nostre affezioni, le nostre abitudini, la nostra vita di un tempo, violentemente spezzate dalle impressioni diverse e nuove dell’ascesa, ci ritornano nell’anima gradite e vere: gradite, perchè ci distolgono dall’annullamento di noi medesimi prodotto dalla natura, vere perchè le affezioni, le abitudini, la vita nostra, che qualche volta sono disturbate da


G. Nolli. - 11