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vidiabile ed equamente soleggiata; le grandi finestre, per le quali entrava l’aria, ricca d’ozono e profumata di pini; la decorazione semplicissima.

Ella trovò meritevole d’osservazione e di lode anche i tavolini leggeri, le sedie di vimini, il pavimento a piastrelle, la luce elettrica, le tende; ed io, forse per le modulazioni della sua voce, vidi bellissimo quanto per lei era bello; e scopersi che, fino i piedi delle sedie e delle tavole avevano una certa curva e un certo ingrossamento gentile, e che i piedini della signorina poi, manchevoli di curve e di ingrossamenti, erano ben più gentili e graziosi.

“Vuoi sempre farti beffa di me!” interruppe Ninì corrucciata. “Finiscila una buona volta, altrimenti ti lascio qui solo soletto a girar per l’albergo!” e scivolò via, entrando nella sala attigua dove io la seguii.

Il pianoforte aperto sembrava aspettare.

Ninì, passando, sfiorò i tasti che diedero un suono morbido e languido; le prime note che preludiano uno sconsolato notturnino di Chopin.

“Me lo fai sentire?” le dissi con la voce e con gli occhi.

“Lo meriti, forse, tu?”

E, siccome io la guardava con un viso malcontento e desideroso, riprese:

“Dopo, quando avremo visitata tutta l’anima, faremo musica... va bene?”

“Come... tutta l’anima!”

“Auf!... i poeti come sono lenti nel capire; si l’anima. L’anima della valle è l’albergo: questo,