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s’aprirà, molle di rugiada e d’erba,
lieto pel solco del tuo picciol piede?
Ed io che sogno nel vespero blando,
quale sentiero m’aprirò frammezzo
le luci e le vertigini di vette,
fra boschi irti di spine e bui nell’urto
delle bufere, fra sepolte valli
simili a tombe, qual sentiero mai
potrò schiudermi innanzi, a passo, a passo,
come ariete cozzando contro tutto?
O mia fanciulla, che hai la mano bianca
di velluto, così come la stella
alpina, e guardi con desio d’amore
nelle pupille, e, senza mover labbro,
mi dici le dolcissime parole;
o mia fanciulla, dimmi tu, se questa
ansia di vita e di vittoria, un giorno
mi dovrà ricondurre al tuo sentiero.
Sono giovane molto e forte e t’amo:
tutte le luci non m’abbaglieranno,
le vertigini somme delle cime
dominerò senza tremare, i boschi,
intessuti di spine e bui nell’urto
delle bufere, io passerò lasciando
anche l’orme di sangue, e, dalle valli,
come sepolcri ad ogni sole chiusi,
risorgerò con émpiti di vita,
se tu, fanciulla, a fior dei monti apparsa
mi reggerai con l’occhio tuo d’amore!
Io fantastico in mezzo al velo lieve
del vespero, nell’attimo che segna
lo spirar d’una mia ora di tregua;