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un sospirar di larici e d’onizzi,
e chiaro, nella musica emergente
come un assolo di violini e d’arpe,
mi portava lo zefiro nel cuore
anche un piccolo sónito di baci.

     1Ora ti sogno nel velame lieve
del vespero, e mi so troppo lontano
dal candor del villaggio alto e del fiume.
Una secreta nostalgia dei luoghi
dove tu sei, dove tu sogni e parli,
con tristezza soave in cor mi scende,
e il desiderio di tornare, almeno
per sussurrarti una parola, almeno
per sentirla da te, piana, tremante,
l’anima assilla ed accarezza insieme.
Dal mio terrazzo, nel crepuscolare
velo, che offusca sotto me il giardino,
guardo e mi par che dietro al verde appaia,
simile a un fiore, Primolo di neve;
e sento in me l’orrido scroscio, l’acre
profumar dei papaveri, il garrito
aspro dei falchi, lo squarciarsi a un tratto,
tra tuono e fumo, d’una rupe greggia
minata in cuore; ed anche a te ripenso,
o mia fanciulla in mezzo ai monti apparsa,
forte così da non tremare allora
che ti stringeva la mia man tremando.
Non più dinnanzi all’occhio nostro scende
il sentiero, fra i grandi archi di verde!
Dove vai tu? Quale sentiero, dimmi,

  1. Questa seconda parte fu aggiunta a Milano, più tardi.