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“Pigli!” mi dice l’omone con un gesto che a me, in quelle condizioni, sembrò una minaccia; e mi compresse nella mano la carta gialla, semplice telegramma che mi riguardava.

Ed io, leggendo, compresi che, poco dopo la partenza da Lanzada, era arrivato al mio indirizzo un primo telegramma d’urgenza. Immaginarsi i pensieri, le ansie di chi mi aveva visto partire un momento prima.

Che fare? Aprirlo? Spedirmene un altro? Per dirmi che cosa?

Prevalse il parere di correre al telegrafo, dove l’impiegata poteva dare schiarimenti e consigli. Infatti, saputo da essa che, nel telegramma, mi si diceva di ritardare la dipartita fino a nuovo avviso, me ne fu subito battuto un altro, con la speranza che mi raggiungesse a Sondrio e mi facesse tornare.

Infatti tornai; alle sei e mezzo, lasciata la borsa all’Hôtel della Posta, per essere più spedito nei movimenti, era già in cima alla graziosa salita, dalla quale aveva, poco prima, ammirato il panorama della città.

Il sole occhieggiava calando fra i monti, alla base dei quali serpeggiava e saliva una penombra tenera di nebbia.

Dissi in cuor mio un “avanti!” gagliardo; mi chiusi nella giacca e ricominciai inversamente la strada, facendo il conto mentale dei chilometri percorsi e di quelli che volevo percorrere.

C’era da stancarsi davvero; ma io non me ne preoccupai: avevo deciso di pranzare a Lanzada,