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in due partiti che si combattevano accanitamente fra loro.
“Se non trova carrozza, vada a piedi!”
“Torni a Lanzada, partirà domani con la prima corsa.”
“Odess, odess,” fece il curato volgendosi, “la trœuvum, la troviamo, la troviamo.”
E la si trovò infatti, ma già accaparrata dal prevosto di Magenta, il quale mi avrebbe offerto un posticino, se la strada che doveva percorrere non fosse stata quasi opposta alla mia.
Nuovo battibecco fra i:
“Resti!”
“Vada a piedi!”
“Torni con noi!” troncato da un nuovo:
“Adess la trœuvum” del sor curato.
Invece, per tutta Chiesa, non c’era nè vettura nè cavallo; e allora, mentre si faceva più pressante intorno a me la ressa dei “vada” e dei “torni”; interrogato me stesso e le faccie di chi mi aveva accompagnato, stretta loro calorosamente la destra e detta non so quale facezia per commiato, mi allontanai a gran passi, volgendomi ogni tratto a salutar con la mano.
Da Chiesa a Sondrio la strada discende con pendío sensibile e costante, allungandosi bianca nei prati, o sul fianco delle montagne, e per ultimo costeggiando il Mallero che sembra ribollire fra i sassi: camminando così, sempre colla medesima andatura, oltrepassai ben presto Torre di Santa Maria, graziosa e bianca come un’anatrella che becchi in un prato, col suo ponte, il