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tizia a notizia, ricorda specialmente alcune parolone, dette da non so quale autorità del paese, riescono a capire che si tratta del telegrafo.
Due o tre giorni dopo, infatti, i pali vengono rizzati: col tempo, in cima ad ognuno di essi si conficca un arpione con in testa una scodelletta capovolta di ceramica bianca, e, finalmente, nella scanalatura, appena arrivato il permesso ministeriale, si accomoda il filo di ferro zincato che deve trasmettere, come un fulmine, le notizie.
Ma la cosa era andata troppo per le lunghe, gli abitanti dalla curiosità erano passati all’indifferenza; i ragazzi soli avevano creduto bene quando il filo ancora non c’era, d’interessarsi della novità: infatti avevano incominciato a fermarsi in crocchio, torno torno ai pali, e avevano raccattati dei sassi per colpire il cappellino bianco che luceva nel sole. Ma, poi che il divertimento non era stato suggellato da uno dei soliti scopaccioni del babbo, non ci trovaron più sugo, e le scodellette bianche furono rispettate.
„Ora Lanzada“ aveva asserito l’autorità paesana ricordata più su, „non è tagliata fuori dal mondo, essa forma con gli altri paesi che hanno il telegrafo, con o senza fili, una cosa, un impasto...dirò così una pianta sola e noi siamo un tronco“.
La cosa, l’impasto, la pianta col tronco fecero poca, anzi nessuna impressione su chi l’ascoltava: non per questo l’autorità si credette obbligata a tacere; tutt’altro, essa parlò di una forza maggiore, e come maggiore! di quella di un toro,