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L’origine di questi ultimi rimonta al cominciare del X secolo; ed in ciò convengono tutti gli eruditi fuor d’ogni contrasto. Il conte Carli1 concettosamente asserì, che il tarèno fu coniato a Taranto per la prima volta, e che da essa ne abbia preso il nome. Per altro, questa sua opinione venne confutata dal dotto canonico siciliano Dom. Schiavo, il quale ebbe a dire: « se noi ritroviamo notizia del tarì d’oro sino a quei tempi, in cui gli Arabi dominarono nella nostra Sicilia, dalla voce saracenica Tarain, o caldea Tarija, che commercio, negozio, e mercatura significano, dee ricavarsi l’origine di questa moneta»2 .

Da ciò, se l’amor di patria non ci facesse velo, saremmo per affermare che gli Amalfitani non immeritamente sin dal X secolo e forse anco qualche tempo prima avevan adottato ed imposto alle loro monete d’oro e di argento il nome di tarèno, come vocabolo allegorico al loro gran commercio, di cui faremo brevemente parola qui appresso.

D’altronde non sembra che si possa concedere agli arabo-saraceni di Sicilia una priorità di tempo sugli Amalfitani nel battere le loro monete; perocché sappiamo che quelli non cominciarono a spendere i così detti moezini, se non nella seconda metà del X secolo, allorché ven-

  1. V. Gio. Rinaldo Carli, Sulle Zecche d’Italia. Tom. I, pag. 156.
  2. Cav. Domen. Schiavo, Il tarì d’oro, Dissert. tra gli opusc. di scrittori siciliani. Tom. XVI, pag. 225.