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il nostro Chiarito1 e più diffusamente il Fusco2 il Minervini3 il Capialbi4 ed altri. Ma il Muratori credette meglio a passarsene sotto silenzio5. Sembra però a bastanza verisimile che i nostri tarèni d’oro, eccetto il peso, poco o nulla differenziavano da quelli di argento per la lor forma, leggenda e fattura; e principalmente per la piccola croce contrassegnata nel centro dell’area e da ambe le facce. Tale nostra opinione ha fondamento bastevole nelle seguenti parole, espresse in una pergamena dell’archivio badiale Cavense, in cui si dice Landonius et eius heredes dent illi homini, cui ipsa charta in manu paruerit quinquaginta solidos, quorum quisque habeat AURI TARENOS bonos Amalfitane monete, in quibus CRUX FORMATA pareat6.

De’ soldi d’oro, creduti immaginari7, ripetutamente troviam fatto ricordo nelle carte antiche di Amalfi, di Ravello, di Napoli, di Capua, de’ monasteri Cassinense, Cavense ecc., egualmente che de’ tarèni amalfitani d’oro e d’argento.

  1. Chiarito, Comento istorico-critico diplomatico sulla costit. di Federico II, ecc. Part. 2, cap. 5, pag. 111.
  2. Salvat. Fusco, Dissert. sul ducato di re Ruggieri. Napoli 1812.
  3. Giul. Minervini, Graecum diploma ἁνέκδοτον etc. cui accedit excursus de auri Tarenis, etc. Neap. 1838.
  4. Cav. Vito Capialbi, Sulla moneta battuta in Catanzaro il 1528, a pag. 8 seg. — Messina 1839.
  5. Muratori. Dissert. sopra le Antichità Italiane. Tom. 2, dissert. 28.
  6. Archiv. Cavens., arc. 101, n.° 272.
  7. Salv. Fusco, Dissert. sul ducato di re Ruggieri, pag. 4.