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benessere, per ragioni tanto diverse, in cui erano ilari tutt’e due e si sforzavano di mostrarsi bene e comparire, fu, quasi, una primavera del loro spirito. La sollecitudine, che la Radegonda palesava, per lui; il rincrescimento d’averlo contristato, una volta, che trapelava, da ogni sua parola, senza che il dicesse, per disadattaggine, esplicitamente, mai; la pallida bellezza di lei: non isfuggirono, non potevano isfuggire all’occhio di Maurizio, non potevano non commuoverlo a gratitudine e non cancellare l’antipatia preconcetta, il pregiudizio, che gliela faceva stimare una pedantessa ficcanaso. Dal canto suo, la Salmojraghi-Orsenigo, dal brio, dalla galanteria del giovane, dovette arguire, (stortamente, ma comprensibilissimamente,) che l’immagine, ormai impallidita, dell’Almerinda, s’avesse a potergliela, con facilità, cancellar del tutto ed eradere dal cuore. E questo convincimento, sorgendole nell’animo, ad un tratto, o, per dir meglio, balenandole alla mente, senza che sel confessasse neppure, le diè, ad un tratto, una baldanza provocatrice incantevole.

Di che parlarono? Ah, Dio benedetto! mi si chiegga, piuttosto, di che non parlassero, quale argomento non toccassero, ne’ loro discorsi. Stettero, tre ore, senza, mai, chiuder bocca: l’uno, con volubilità meridionale; l’altra, con vo-